Quando Carla Accardi si trasferisce a Roma nel 1946, il clima artistico italiano è caratterizzato da un impulso di rinnovamento, ma è profondamente diviso tra i sostenitori del realismo pittorico e coloro che invece vedono nell’avanguardia formalista un più fertile approccio. Unica artista donna, nel 1947 Accardi firma il manifesto del gruppo astrattista «Forma 1», il cui intento è costruire un linguaggio che possa conciliare posizioni opposte, superando la figurazione, ma liberandosi dal rigore della geometria. La capacità di attingere al proprio universo interiore, mettendo in questione i fondamenti stessi della pittura, attraversa l’opera dell’artista sin da questi esordi. La scelta di non-rappresentare ma piuttosto di mostrare un impeto vitale è evidente nei quadri che sceglie di dipingere a terra a metà degli anni Cinquanta, dove segni bianchi si muovono su sfondo nero a veicolare un’affermazione di identità e di relazione strutturale. «L’insieme che i segni compongono intrecciandosi e inserendosi sulla superficie del quadro – dice l’artista – rappresenta con infinite varianti la vita, e indica all’osservatore un modo per riconoscersi e capirsi». Dagli anni Sessanta Accardi affronta il colore, intendendolo come significativo della verità della pittura. Moltiplicazione verdeargento, 1964, appartiene a tale serie di opere. Il rapporto dialettico tra il verde acido e la materia compatta dell’argento produce inedite provocazioni ottiche, richiedendo un prolungato tempo di lettura. Al tempo stesso, le grandi dimensioni della tela accentuano il valore emotivo dei segni e la loro capacità di istituire un contatto quasi fisico con ciascun osservatore.
Oltre a sviluppare installazioni tridimensionali, cercando si aprire le proprie opere a una più profonda interazione con lo spazio e la luce, negli anni seguenti Accardi sostituisce alla tela tradizionale la trasparenza del sicofoil, un acetato trasparente. In Rosa-nero e Nero giallo, entrambi dipinti nel 1967, il nuovo supporto è reso come un intreccio di larghe bande che alternativamente privilegiano l’andamento sinuoso del segno nero o di quello colorato, svelando una sovrapposizione di molteplici strati di scrittura segnica. Realizzata tra il 1966 e il 1971, la serie dei nove Rotoli in collezione è rappresentativa delle pitture-sculture che Accardi crea arrotolando su se stesso un foglio di sicofoil. Come avviene anche per Cono giallo, 1966, la forma data al supporto aumenta l’incidenza della luce e instaura una relazione dinamica con lo spazio tridimensionale.
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